IL GIORNALE DEL VINO

Taurasi 2005, un vino, tante facce di un territorio.

Posted in Degustando, Dossier terroir by L'Arcante on marzo 10, 2009

taurasiprod1Ho già avuto modo di “postare” su questo spazio il resoconto dell’analisi tecnica svolta dagli enotecnici sull’annata 2005 del Taurasi pertanto vorrei spendere due parole sulla manifestazione in quanto tale che ha retto bene l’impatto nonostante gli spazi sembrano essere sempre meno “ospitali” per la mole di affluenza che arriva ogni anno in questi giorni a Taurasi. Qui c’è il successo di un gruppo di giovani e motivati professionisti capitanati da Paolo De Critofaro e Raffaele Del Franco che hanno lavorato alacremente affinchè tutto si svolgesse nel miglior modo possibile nonostante le enormi difficoltà che hanno dovuto superare per far sì che questa manifestazione continuasse il suo percorso partito nel 2002 con la presentazione dell’annata ’99. A tal proposito, sia ben chiaro, questo evento è necessario allo sviluppo del territorio e al successo di questo straordinario vino in Italia e nel mondo e proprio in questa direzione è opportuno prima che vi racconti le mie impressioni degustative in un prossimo Post, sottolineare le due questioni importanti che sono venute fuori dal dibattito di sabato 7 nel corso della conferenza stampa di apertura; La prima è, quale la migliore comunicazione per imporsi sul mercato? la seconda, certamente più complessa è stata: il disciplinare di produzione attuale è  un limite o un ancora di salvezza irrinunciabile?

foto-cantine311Le questioni sollevate, la seconda proprio da me hanno subito incontrato un dibattito aperto e molto interessante. La comunicazione è essenziale, e qui c’è poco da dibattere: istituzioni, produttori, giornalisti, professionisti debbono camminare tutti assieme poichè da soli non si va da nessuna parte ed ognuno, nel rispetto dei propri ruoli e con le dovute responsabilità deve avere voce in capitolo in tutte le fasi di ideazione, progettazione e sviluppo comunicativo. In merito al disciplinare (che ricordo prevede solo l’85% di Aglianico), la mia domanda rivolta agli enologi presenti in sala è stata una pura provocazione motivata dalla grande necessità di carpire dove si vuole (si può) arrivare con il Taurasi lavorandolo eslcusivamente sul monovitigno, domanda che ha scaturito tutta una serie di considerazioni assolutamente utili a comprendere la profonda diversità territoriale dove nasce questo straordinario vino che sa essere duro, acido e tannico tanto quanto concentrato, abbastanza morbido e profondamente ammaliante. Identificare il Taurasi univocamente quindi è praticamente impossibile poichè vi sono aree di maggiore vocazione (oltrechè aziende, persone, esperienza ecc… ) e pertanto “sottodenominare” magari autorizzando la menzione dei cru di provenienza (che sul territorio sono già più o meno evidenti) aiuterebbe il Taurasi a manifestare una più chiara lettura delle sue diverse anime di Aglianico che si palesano soprattutto in annate difficili come questa. Per intenderci, i territori di alcuni comuni come Montemarano, Paternopoli, Castelfranci, Castelvetere hanno certamente condizioni pedoclimatiche differenti da comuni limitrofi come lo stesso Taurasi, o Làpio, Mirabella Eclano, Pietradefusi sino a tutti gli altri 9 ammessi alla docg, pertanto potrebbe risultare utile e funzionale in futuro creare una sorta di “sottodenominazione comunale” (vedi borgogna) secondo me fondamentale se si vuole dare piena vita a quello che prima possibile sarà assolutamente necessario attuare, e cioè una vera mappatura e zonazione fisica del territorio utile ad elevare questo vino a massima espressione dell’areale Irpino. Altra questione, come detto è il monovarietale 100% Aglianico che tutti si affannano spesso a sbandierare in etichetta per manifestare la propria integerrima volontà di valorizzare il vitigno più che il disciplinare il quale rimane ancorato a parametri vetusti e di comodo in anni sicuramente floridi più per le enormi quantità di sfuso che partivano con la ferrovia per mete lontane che per il lento successo che mieteva il Taurasi della famiglia Mastroberardino di Atripalda in giro per il mondo. foto-cantine61Lento successo che negli anni è certamente cresciuto facendo sviluppare sul territorio tante piccole (alcune brillanti) aziende, ma che comunque soffre, ecco, di una precisa e meticolosa comunicazione della realtà territoriale e del vitigno Aglianico, fattori questi che in momenti di stasi del mercato economico come questo degli ultimi due-tre anni soprattutto, lasciano dietro di se strali e strascichi di difficoltà commerciale tali da mettere in seria difficoltà buona parte del comparto produttivo locale per un vino certamente straordinario ma ancora lontano dall’esser pienamente compreso dai consumatori, soprattutto per alcuni mercati come quelli esteri abituati a vini tutti rotondi e senza durezze (spesso senza anima alcuna). Personalmente concordo sul grande potenziale del vitigno vinificato in purezza che può assumere configurazioni straordinarie se giustamente lavorato ed interpretato, ma delle due l’una, o si tiene il vino in cantina per il tempo necessario per presentarlo sul mercato all’altezza della situazione oppure si affrontano a viso aperto le problematiche investendo sempre più su una giusta comunicazione del prodotto. Ops… Eureka!!