IL GIORNALE DEL VINO

Il bicchiere di luce

Posted in Degustando, Oltre il vino, Pensieri e parole by enzozappala on marzo 28, 2009

Un piccolo passo in avanti nella teoria dello spazio-tempo ha permesso ad un celebre geologo tedesco di mettere a punto un bicchiere veramente eccezionale e rivoluzionario. Il mondo del vino non potrà non esserne stravolto profondamente. Avvisiamo il lettore che per apprezzare appieno l’essenza di quest’articolo è necessaria un’infarinatura di relatività generale o -almeno- ristretta!

Einstein è stato un genio, non c’è che dire. Ancora oggi si osservano nell’infinità del Cosmo prove dirette di teorie da lui prospettate a tavolino circa un secolo fa. Ma nessuno poteva immaginare che proprio una leggera correzione alla sua teoria più celebre, relativa alla concezione spazio-temporale, permettesse di arrivare ad una scoperta eccezionale per il mondo del vino. Vale la pena ricordare che la grande rivoluzione del sommo scienziato è stata quella di intuire che il nostro universo avesse una struttura quadrimensionale, ossia che alle tre dimensioni classiche che determinano lo spazio in cui viviamo (altezza, larghezza, lunghezza)  si legasse indissolubilmente  la quarta variabile, il tempo. In parole semplici, ciò vuol dire che qualsiasi variazione subisca lo spazio deve per forza alterare anche il tempo. Famosa è una sua conclusione limite che predice che andando alla velocità della luce, spazio e tempo si DEVONO deformare fino al punto che il tempo tende ad annullarsi, mentre le dimensioni tendono a diventare infinite. Cose teoriche mi si dirà? No, non più. Non solo sono stati fatti esperimenti che hanno dimostrato in pieno la validità di queste teorie, ma innumerevoli oggetti presenti nell’Universo dimostrano che la realtà fisica agisce proprio in questo modo.

Lasciamo però da parte le formule complicate di Einstein e consideriamo invece una trattazione estremamente semplice con la quale sarà più facile spiegare la rivoluzione cha sta sconvolgendo il mondo del vino. Mi riferisco al CONO DI LUCE di Minkowski, scienziato tedesco contemporaneo di Einstein, che espresse con una geniale rappresentazione grafica il concetto del legame indissolubile tra spazio e tempo. La voglio ricordare in modo estremamente facile ed intuitivo, essendo la base di partenza per giungere allo scopo di questo articolo. Consideriamo noi stessi come un punto nell’Universo (in realtà lo siamo a tutti gli effetti). Ebbene esiste un cono ipotetico spazio-temporale che inizia da noi, il cui asse principale è il tempo (asse z), mentre lo spazio è rappresentato dalle altre due dimensioni (x,y). Questo cono è il nostro possibile FUTURO. Ossia noi potremo muoverci nello spazio e nel tempo solo e soltanto all’interno di suddetto cono. Notate che ho considerato lo spazio a due sole dimensioni perché altrimenti il cono avrebbe avuto quattro dimensioni e non era possibile disegnarlo su un foglio (la prospettiva ci permette di simulare abbastanza bene le tre dimensioni dello spazio, ma niente ci può aiutare a fare un disegno a 4 dimensioni!) Tuttavia, immaginiamo di vivere in uno spazio simile a quello dei dipinti degli antichi egizi in cui tutte le figure erano rappresentate in due dimensioni, sempre di profilo. Questa semplificazione non cambia assolutamente il concetto generale. I bordi del cono sono il limite del nostro possibile movimento nel futuro e sono percorribili solo andando alla velocità della luce. Non possiamo perciò uscire dal cono perché dovremmo superare questa velocità che sappiamo essere invalicabile. Se noi stessimo fermi nello spazio, ci muoveremmo nel cono lungo una linea rettilinea verso l’alto che è proprio la direzione del tempo. Se invece ci muovessimo anche nello spazio percorreremmo traiettorie strane ma sempre all’interno del cono, e queste non potrebbero mai avvolgersi e tornare indietro perché andrebbero verso il passato ed anche questo è assolutamente impossibile. Fin qui la teoria estremamente intuitiva, suggestiva ed in fondo anche molto semplice.

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Mi chiederete: “e allora? Tutto molto interessante. Ma che c’entra il vino?” Ed ecco allora il recente e sconvolgente contributo di un altro grande studioso, anche se per adesso meno conosciuto: Hektor Fishowsken. Tedesco, come il più celebre Minkowski, è professore di geologia comparata all’Università di Tubingen. Il suo ragionamento di partenza è di una semplicità disarmante: tutti gli “oggetti” dell’Universo, noi, una stella, una penna, un cane, un bicchiere, una bottiglia, possiedono il proprio cono di luce, ossia il proprio futuro. Il geologo decise allora di dedicarsi al cono di luce di una “cosa” veramente particolare: il vino. Si dice che questo stimolo gli venne in quanto il professore è ben noto negli ambienti accademici come grande ed ottimo bevitore, soprattutto di riesling “invecchiati”. Si dice anche che l’idea gli derivò vedendo la grande somiglianza tra il cono di luce ed il bicchiere, anche se questa è forse solo una leggenda. Qualunque sia stata la vera ragione del colpo di genio, fatto sta che a partire dal 1996 cominciò ad applicarsi proprio alla problematica del bicchiere e del miglior liquido che esso abbia potuto, possa e potrà mai contenere.

Cerchiamo allora di seguire il suo ragionamento, prima teoricamente e poi anche praticamente (questa parte è quella che interesserà maggiormente i produttori di vino, soprattutto di quello “sublime”, a lungo invecchiamento). Prendiamo il nostro bicchiere e diamogli la forma di un cono di luce (l’angolazione esatta si ricava dalle formule di Minkowski legate alla velocità dalla luce). Riempiamolo del nostro vino appena imbottigliato, meglio se già affinato qualche mese in bottiglia e se fatto ruotare per qualche minuto in un recipiente a parte. A questo punto ecco la geniale descrizione di Fishowsken. il liquido rappresenta perfettamente la situazione all’istante di tempo Ø (oggi), mentre ha davanti a sé il proprio futuro, che potrà essere solo e soltanto racchiuso nel bicchiere (non dimenticate i limiti di  Minkowski). Il bicchiere così concepito ha preso il nome di bicchiere di luce, per la perfetta analogia con il cono di luce, prima descritto.

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Una forma sicuramente un po’ strana per un contenitore da grande degustazione, ma gli esperti del settore, anche quelli più conservatori e rigidi, l’accetteranno di sicuro quando finalmente ne capiranno i grandiosi sviluppi. Se il bicchiere, e con esso il liquido, restasse immobile su un tavolo, poco alla volta, seguendo le leggi naturali, il vino inizierebbe la sua evoluzione futura con tutte le conseguenti variazioni di profumi, aromi, fragranze, ecc., che lo condurrebbero al suo punto più altro tra pochi o molti anni, per poi farlo decadere verso un’anonima fine. Ovviamente noi non potremmo certo aspettare che questo avvenga normalmente, né, a maggior ragione, lo potrebbero fare i grandi degustatori sempre indaffarati, sia per il lungo tempo occorrente, sia per le ovvie “reazioni” che il vino avrebbe con l’ossigeno. Ma se anche si potesse fare, che cosa ci guadagneremmo ad aspettare dieci o vent’anni per sapere se il vino diverrà veramente un grande vino? Niente! Che lo diventi o non lo diventi, il tempo sarà passato anche per quello contenuto nelle bottiglie ed il vignaiolo non avrà avuto alcun aiuto in più di quanto ha oggi. Ed ecco allora la geniale idea.

Il professore tedesco, studioso attento dei testi della relatività generale e ristretta, oltre che geologo, iniziò a pensare che se fosse riuscito a “separare” lo spazio dal tempo, avrebbe potuto, senza modificare la forma e le dimensioni del liquido (al limite imprimendo solo una breve rotazione iniziale), far variare velocemente e autonomamente il tempo. In altre parole, avrebbe accelerato il futuro del nettare di Bacco, ossia la sua evoluzione temporale. Si capisce benissimo la portata eccezionale dell’intuizione: il vignaiolo mette un po’ del suo vino nel bicchiere di luce, lo ruota brevemente assecondando ovviamente la forza di Coriolis, aspetta pochi minuti ed ecco che il tempo scorre velocemente davanti a lui verso il futuro (muovendosi “virtualmente” lungo l’asse del cono o bicchiere di luce) fino ad ottenere le condizioni che avrà tra 5, 10 , 20 o magari 100 anni. Tutto si conclude nel giro di un intervallo di tempo così breve che nessuna ossidazione maligna ha potuto intaccare il risultato. A questo punto un semplice diagramma ottenuto degustando ogni “tot” secondi reali il liquido, fornirebbe al vignaiolo una semplice curva qualitativa che gli indicherà quando il suo vino avrà raggiunto l’apice e quando inizierà invece a decadere. Tutto fatto. Come se lo avesse assaggiato anno dopo anno, per decine di anni.

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Il nostro maestro di vino potrà adesso anche bersi beatamente quello che ha nel bicchiere di luce e dormire sonni tranquilli per tutte le bottiglie che riposano in cantina. Mica male eh? Mi direte: “si, si, bellissimo, ma dov’è mai questo bicchiere fantastico e di cosa è fatto? Per adesso è solo una bella teoria, ma sempre soltanto una teoria. E le teorie non le vogliamo bere!”. Ebbene, cari signori, la spiegazione è semplicissima. Il grande Fishowsken  (anche geologo ricordate … ) ha scoperto un isotopo radioattivo del silicio (il ³²Si), instabile, che riesce, qualora prodotto in condizioni di temperatura e pressione adeguate, ad eseguire la frattura spazio-temporale all’interno del contenitore attraverso una classica emissione beta, sempre che il vetro sia composto da normale silicio, addizionato del raro isotopo nella percentuale del 2,324 % (attenzione! Non il 2,323 % e nemmeno il 2,325 %, un po’ come il preparato 500 dei biodinamici). Sarebbe troppo difficile spiegare le motivazioni di tutto ciò. Basti dire che lo strappo nel continuum spazio-temporale è legato alla deformazione delle classiche equazioni di Lorentz in presenza di un rapido decadimento radioattivo dell’isotopo del silicio. Un successo che mina solo leggermente la teoria einsteniana, ma che comporta risvolti prodigiosi.

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Le prove eseguite in laboratorio hanno dato risultati stupefacenti ed alcune grandi aziende multinazionali sembra che stiano già cercando di accaparrarsi l’esclusiva del bicchiere di luce, chiamato ormai ufficialmente in Italia ATE (Acceleratore Temporale Enoico). Si dice anche che un grosso contributo alla realizzazione pratica sia stato dato dalla grande esperienza di un famoso degustatore di vini professionista che ha nel suo bagaglio culturale una conoscenza profonda dell’energia nucleare e degli effetti di decadimento radioattivo controllato. Purtroppo, per modestia forse eccessiva, non vuole che sia fatto il suo nome e noi ne rispettiamo appieno la volontà. Resta comunque l’eccezionale scoperta. Al momento resta comunque solo un prototipo, perfettamente funzionante, ma dai costi molto elevati (l’isotopo è estremamente raro in natura e la sua produzione delicata e dispendiosa). Non per niente solo le multinazionali più importanti si sono date da fare.

Tuttavia, voglio ricordare a voi, piccoli ed abilissimi vignaioli, che in fondo basterebbe avere un solo bicchiere di luce in dotazione. O, al limite, un esiguo numero per far provare agli amici ed ai collaboratori più stretti l’emozione di bere un brunello o un barolo del 2004 nelle stesse condizioni di come sarà nel 2015 o 2025 o addirittura nel 2125. Forse questa emozione, ma soprattutto la sicurezza di avere in cantina un vino le cui caratteristiche evolutive future siano sotto il vostro controllo assoluto, potrebbe convincervi che pochi milioni di euro non siano poi una spesa così assurda. Io resto a vostra completa disposizione per avviare i contatti con il laboratorio gestito da Fishowsken (caro amico e collega da molti anni), che ha già iniziato la prima ridottissima catena produttiva. E vi assicuro che la percentuale che vi chiederò sarà veramente irrisoria, non superando mai una cifra a cinque  zeri.

In fondo lo faccio solo per passione e per amore del grande vino!!

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